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Batterie al magnesio italiane

Stiamo scoprendo che esistono alternative valide e semplici alle batterie al litio (instabili e facili ad incendiarsi). Inoltre sappiamo che queste alternative sono state soppresse da decenni. Abbiamo anche scoperto che la Cina punterà sulle batterie al sodio, di cui ignoravamo l’esistenza.

Batterie al magnesio italiane.

La prima batteria al magnesio al mondo fu messa a punto nel 1997 e presentava numerosissimi vantaggi: minimo impatto ambientale essendo i materiali componenti tutti biocompatibili, un marcato contenimento dei costi di produzione considerato, che il magnesio non è costoso. I parametri tecnici di una batteria al magnesio sono decisamente superiori di quella al litio:

  • temperatura di impiego fino a 200 gradi centigradi, rispetto ai 60 della batteria al litio;
  • bassissima reattività del magnesio durante il suo impiego;
  • ottima lavorabilità meccanica del magnesio metallico e possibilità di mettere a punto anodi (l’elettrodo positivo che fa passare la corrente elettrica) sottili e flessibili.

Il brevetto.

Brevetto internazionale depositato più di due decenni fa con titolarità dell’Università di Padova. Una innovazione questa della batterie al magnesio italiane, che potrebbe rivoluzionare tutto il mondo delle energie rinnovabili e porre l’Italia, in una posizione di avanguardia nel settore dell’accumulazione.

Un accademico di caratura internazionale come il professore Di Noto dichiarava, che la batteria al magnesio aveva una densità di energia e una vita utile analoga a quella della batteria al litio e, che agendo sul catodo si poteva migliorare ulteriormente la batteria. Aggiungeva che il problema non era tecnico, ma economico.

La ricerca in Italia.

E qui siamo al vero punto della questione: la ricerca in Italia. Non risolto nemmeno con il PNRR che alla missione, “Istruzione e Ricerca “alla quale destina 28 miliardi di euro e, di questi 11,77 miliardi alla ricerca. Italia destina l’1,4% del Pil alla ricerca di cui 0,9% la componente privata e appena lo 0,5% quella pubblica. La media Ocse è pari al 2,4% (dati 2018).