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La Spezia, porta di Sion

Nave Exodus

La Spezia, porta di Sion – Prossimo è Il 27 gennaio in cui si celebra il “Giorno della Memoria” per non dimenticare le vittime dell’Olocausto. Questa data è stata scelta perché quello stesso giorno del 1945 le forze alleate, le truppe dell’Armata Rossa, entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz liberandolo dai tedeschi. C’è una storia che parla di navi, refitting, comandanti eroici, ma pochi oggi la conoscono. Nelle mappe di Israele La Spezia non esiste. Eppure La Spezia c’è, e per grandezza è la seconda città della Liguria nonché sede della Marina Militare Italiana. Ma sulla cartografia ebraica compare con tutt’altro nome: “Schàar Zion”, Porta di Sion.

Nel primo dopoguerra, il Mediterraneo era attraversato da un popolo in fuga, reduce dalla sua più grande tragedia e disposto a tutto pur di ritornare alla terra lasciata 2000 anni prima. Dalle nostre coste salparono in massa per raggiungere clandestinamente la Palestina, o come preferivano chiamarla, Eretz Israel, la terra di Israele. Il nostro Paese, pur devastato dalla guerra, offrì loro rifugio e li aiutò a partire dai suoi porti.

La Gran Bretagna, potenza occupante, sia in Italia che in Palestina, si oppose con tutte le forze a questo esodo di massa per non contrariare gli arabi in rivolta, che temevano di diventare minoranza in quel paese. Il Mossad le Aliyah Bet (organizzazione segreta, progenitore del famoso servizio di intelligence israeliano) fu incaricato da Ben Gurion di portare in Eretz Israel il maggior numero di ebrei della diaspora e spingere la comunità internazionale ad approvare la nascita dello stato di Israele.

Due capi di grande intelligenza e audacia entrarono in scena: Yehuda Arazi e Ada Sereni. Lui, soprannominato “il re degli stratagemmi”, ricercato dagli inglesi che avevano messo una taglia sulla sua testa per aver rubato armi in quantità dai depositi britannici per conto dell’Haganà (Principale organizzazione militare sionista in Palestina durante il mandato britannico).  Lei, alto borghese, romana d’origine, espatriata negli anni 20 in Palestina, dove aveva fondato insieme al marito Enzo, un eroe del sionismo, il kibbutz Givaat Brenner.

Il Comandante Yehuda Arazi, conosciuto con diversi pseudonimi e costretto a celarsi sotto false spoglie guidava l’Istituto per l’emigrazione illegale sorto nel 1938. Il caso internazionale del maggio 1946, il cui epicentro fu proprio il porto della Spezia, vide le imbarcazioni Fede e Fenice predisposte per trasportare 1.014 profughi.

La Spezia, porta di Sion – La Gran Bretagna, forza occupatrice, regolamentava l’afflusso controllato dei sopravvissuti in Palestina, indicato in 75.000 ebrei da rimpatriare in cinque anni. Ma tale numero si rivelò decisamente insufficiente: l’Europa rifiutava gli ebrei di ritorno dai campi di sterminio, già vittime di un forte senso di straniamento, e ciò aumentò il desiderio della comunità internazionale di ritornare verso la propria terra promessa. Arazi indirizzò il flusso migratorio verso i porti italiani, in particolare verso quello spezzino, presso il quale la comunità ebraica, ferma sulle banchine per settimane, ricevette, dopo un primo sospettoso approccio, forte solidarietà dagli spezzini.

Il governo britannico continuava a fermare la missione clandestina di Arazi, e le imbarcazioni non potevano partire. Gli spezzini, intanto, continuavano a portare cibo e conforto alla gente ammassata sulla banchina, piena di speranza e al contempo esasperata.
Fu proprio il sostegno della gente locale, la resistenza dei profughi marcata con un lungo sciopero della fame, l’attenzione dei media internazionali e la visita di Harold Lasky, presidente dell’esecutivo del Partito Laburista britannico, che portarono in ultimo le autorità londinesi a decidere di far salpare le due imbarcazioni dal Molo Pirelli, a Pagliari, alle ore 10 dell’8/05/1946.
La questione dell’immigrazione ebraica scoppiò come caso internazionale nel maggio 1946: l’epicentro della crisi divenne il porto della Spezia dove erano in allestimento due imbarcazione, la Fede di Savona e il motoveliero Fenice, pronte a trasbordare 1.014 profughi. Come in parte abbiamo già visto, oltre a Yehuda Arazi, detto dottor Paz, l’operazione La Spezia fu preparata da Ada Sereni e Raffaele Cantoni, responsabile della comunità ebraica italiana.

Nella notte tra il 7 e l’8 maggio 1947 la nave Trade Winds/Tikva, imbarcò 1.414 profughi a Porto Venere. Nelle stesse ore era giunta nelle acque Golfo della Spezia, proveniente da Marsiglia, la nave President Warfield, un goffo e pesante battello. La nave venne ristrutturata nel cantiere dell’Olivo a Porto Venere per la più grande impresa biblica dell’emigrazione ebraica: trasportare dall’altra parte del Mediterraneo 4.515 profughi, stivati su quattro piani di cuccette.

La Spezia, porta di Sion – Ma soprattutto quell’operazione godette dell’aiuto di tutta la città della Spezia, già stremata dalla guerra e distrutta dai bombardamenti. La nave “President Warfield”  ribattezzata “Exodus”  mosse da Porto Venere ai primi di luglio del ’47, sostò a Port-de-Bouc….

Il nome Exodus da allora significò il desiderio di giustizia per l’immigrazione ebraica. Ma solo con la fine del mandato britannico i profughi sarebbero potuti tornare in Palestina.

L’imbarcazione divenne un simbolo, raggiunse le coste della Palestina, venne attaccata dagli Inglesi e avviò la nascita dello stato di Israele con tutte le conseguenze che sappiamo. La Fede, la Fenice, la Exodus, la Trade Winds/Tikva si mossero tutte dal Golfo di Spezia. Per l’aiuto fornito ai profughi ebrei scampati ai lager, la città è stata insignita della Medaglia d’Oro al Merito Civile.